Ricordo
di Guido e Alberto Dalla Volta
La vicenda della famiglia Dalla
Volta ha origine nel 1943. Guido, figlio di madre cattolica, è il commissario
del sindacato provinciale fascista dei commercianti di prodotti
chimici. Nonostante l’emanazione delle leggi razziali del
1938, continua il suo lavoro e i figli proseguono gli studi.
In particolare Alberto, dopo aver conseguito nel 1941 la maturità scientifica
presso il Liceo “Calini”, si iscrive alla facoltà di
chimica dell’Università di Modena. Il 1° dicembre
1943 Guido e Alberto vengono arrestati a Brescia e, nel febbraio
successivo, trasferiti nel campo di Fossoli (Modena). Il 22 febbraio
1944 risuona l’appello nazista per il convoglio diretto
ad Auschwitz, dove giungono quattro giorni più tardi.
Nel campo, Alberto stringe con Primo Levi una profonda amicizia
che consente ad entrambi di sopravvivere all’orrore. Nel
frattempo mamma Emma e il figlio minore Paolo trovano rifugio
a Magno di Gardone Valtrompia, dopo il ricovero del giovane,
malato di tifo, presso la Casa di cura S. Camillo. Purtroppo
non potranno mai più rivedere i propri cari. Infatti,
secondo la testimonianza di Primo Levi, Guido viene scelto per
il gas, mentre Alberto scompare durante la marcia di evacuazione
del campo, nel gennaio 1945. Tuttavia Emma non crederà mai
alla morte del figlio e morirà, nel 1973, ancora con la
speranza di riabbracciarlo. Diversa è la reazione al dolore
del fratello Paolo, a detta della nuora: “Mio suocero ha
trasmesso l’insicurezza, il senso di paura, delle ansie.
Voleva avere una doppia cittadinanza. Ha cercato e ottenuto quella
canadese, perché, diceva, non si sa mai. Non metteva mai
la macchina in un posto nel quale non ci fosse un’altra
uscita e l’auto doveva essere sempre con il carburante
per essere pronti a scappare”.
Non diversamente dagli altri ebrei bresciani, la famiglia Dalla
Volta, dopo la Liberazione, ripiega in un silenzio fatto di imbarazzo
e diffidenza verso una società che ha approfittato della
loro riservatezza per dimenticare quanto accaduto.
Solo poco prima di morire, Paolo Dalla Volta decide di pronunciarsi
sui tragici eventi che lo hanno colpito sessant’anni prima,
evidenziando una profonda frattura con lo Stato italiano, il
quale non ha ancora rivolto delle scuse ad una famiglia che esso
stesso ha tradito. I Dalla Volta avevano continuato a vivere
a Brescia nonostante le leggi razziali fossero già in
vigore, e lì risiedevano nel 1943. Prima di essere ebrei,
si sentivano ed erano italiani. Lo Stato li ha ingannati, è venuto
meno al proprio dovere. Il totale distacco da esso si evince
in modo significativo dal discorso di Paolo, intervistato dagli
studenti del Liceo Arnaldo nel 1999, in occasione dell’istituzione
della Commissione Anselmi incaricata di compiere ricerche sui
beni sottratti agli ebrei: “Quei signori non si rendono
conto che a noi poco importa di una cassapanca in più o
in meno. Non potranno mai restituirci ciò che di veramente
importante ci è stato tolto, i nostri cari. Noi non chiediamo
niente. […] Non voglio nulla da nessuno. Per cinquant’anni
mai si è pensato di porgerci delle scuse e oggi sarebbe
comunque troppo tardi”. Rompe il silenzio, durato più di
mezzo secolo, con uno sfogo amaro, carico di delusione, che rimanda
ad un passato doloroso. In quel momento la Commissione rappresenta
lo Stato e l’epiteto quei signori denota una rottura intensa,
radicata, assoluta tra Paolo Dalla Volta e l’Italia.
Nel 2006, in occasione della presentazione al Liceo “Calini” del
saggio dello studioso Marino Ruzzenenti sulla persecuzione degli
ebrei nel bresciano, studenti e professori scoprono qualcosa
che prima non sapevano e che li impressiona molto: l’orrore
della Shoah ha toccato molto da vicino il loro Liceo. Si ricerca
nell’archivio della scuola, si discute, si decide di dare
una testimonianza concreta della volontà di non dimenticare
ed ignorare il passato. Il 26 gennaio 2008 il Liceo Calini intitola
l’aula magna ad Alberto Dalla Volta, “la rara figura
dell’uomo forte e mite, contro cui si spuntano le armi
della notte”. Dopo averlo accettato nel 1940, a seguito
dell’espulsione dal Liceo Arnaldo per motivi razziali,
l’Istituto si dimostra partecipe dei fatti e in tale circostanza
svolge le veci dello Stato italiano, compiendo il primo passo
verso quelle scuse auspicate da Paolo.
Una settimana dopo la cerimonia di intitolazione, Guido Dalla
Volta, figlio di Paolo, indirizza al Liceo una lettera, nella
quale esprime la felicità della propria famiglia per quel
gesto inatteso: “Mio padre è morto aspettando delle
scuse simboliche dalle Istituzioni; noi non potevamo più né sperare
né pretendere niente di tutto ciò e, quindi, non
chiedevamo più nulla. Invece abbiamo ricevuto, in modo
inatteso, una calda e commovente manifestazione di partecipazione”.
La frattura con lo Stato italiano viene finalmente risanata.
A cura degli studenti
della classe 5° H del Liceo Scientifico “Annibale
Calini” di Brescia, anno scolastico 2012-’13. |
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Intervento
di Alberto Franchi
Presidente Cooperativa
Cattolico-democratica di Cultura
Intervento del Sindaco
di Brescia Adriano Paroli
Ricordo di Mario Ballerio
Ricordo di Roberto Carrara
Ricordo di Domenico Pertica
Ricordo di Angelo Cottinelli
Ricordo di Guido e Alberto Dalla Volta
Ricordo di Emilio Falconi
Ricordo di Severino Fratus
Ricordo di Andrea Trebeschi
Intervento di Bernhard Hauer, Console
Generale Aggiunto del Consolato di Germania a Milano, su Andrea Trebeschi
Brochure della Cooperativa Cattolico-Democratica di Cultura
"Brescia ricorda le vittime dei lager" |