Ricordo
di Angelo Cottinelli
La memoria relativa a Angelo
Cottinelli è scarsa
e labile fin dai tempi più vicini alla guerra e alla sua
morte (1944). Noi nipoti (nati nel 1938, nel 1941 e nel 1960)
troppo piccoli per porre domande importanti; i nonni, genitori
di Angelo, e nostro padre Luigi, fratello maggiore di Angelo,
taciturni e come rassegnati per l’incapacità di
capire un evento così tremendo ed oscuro, consumatosi
rapidamente (primavera 1943 – estate 1944) senza un contesto
significativo di guerra o militanza partigiana che lo riguardasse.
Angelo: un figlio, un fratello, uno zio. Trentaquattrenne,
esonerato nel 1929 dal servizio militare per problemi fisici
(alle gambe e ai polmoni) era già un “anziano” che
viveva il periodo bellico in famiglia, con qualche saltuario
lavoro di impiegato e negli ultimi tempi come collaboratore
nella modesta azienda agricola di Padenghe sul Garda, dove
si era sfollati dalla casa avita di via delle Battaglie 16
a Brescia.
Qualche ricordo orale rievoca un uomo solitario, taciturno,
forse complessato per la sua altissima statura non sorretta
da grande salute e adeguata forza fisica. Era appassionato
collezionista di francobolli, di cui insiste a parlare anche
nelle lettere dal campo di concentramento, quando ricorda alla
amatissima sorella Angela Maria di acquistargli le nuove emissioni
filateliche; è lecito
immaginare che dalla filatelia gli derivi uno sguardo incantato
sulla geografia postale internazionale come mondo operoso e pacifico,
ancorato a valori e simboli positivi, al di sopra della guerra,
che sopravviverà alla guerra e di cui dunque è giusto
continuare a occuparsi anche quando si sta morendo di fame
e di freddo.
Quest’uomo del tutto inutile alla macchina militare perché malato
e fragile, del tutto innocente e ingenuo di fronte allo scontro
di ideologie e di valori in atto in Italia e nel mondo, viene
prelevato nella tarda primavera del 1943 dall’esercito
italiano, che annulla il precedente esonero, e viene portato
in caserma a Piacenza. Si basarono sulla sua imponente statura
per presumere un combattente gagliardo?
Quasi subito fu ricoverato in ospedale, con diagnosi di pleurite
secca, deperimento organico e nervoso e dichiarato non idoneo...
ma idoneo temporaneamente! Questo gesto di stupida ferocia
precede l’arresto da parte dei nazifascisti dopo l’8 settembre
1943. Il 30 settembre è già in viaggio per la Germania.
L’ipocrisia dell’imperturbabile Croce Rossa lo annuncia
alla famiglia con una cartolina che recita testualmente: “Rovereto,
30. 9. 43. Vi comunichiamo che è passato da questa stazione,
prigioniero delle truppe germaniche, il vostro caro. Gode buona
salute e vi invia cari saluti”.
Nulla è stato possibile sapere sull’accaduto: i
suoi commilitoni erano riusciti a fuggire, lui no per le sue
condizioni di salute? Lo avevano interpellato sull’opzione
alla Repubblica di Salò, come di regola? Se è così,
si deve pensare che abbia rifiutato.
Le notizie pervenute dal Kriegsgefangenenlager Neumarkt attraverso
le sue lettere alla famiglia non offrono elementi speciali
rispetto alla cupa, desolante, irrimediabile normalità delle
storie di tanti internati e deportati: lavoro forzato, fame,
freddo, malattia, morte.
Dalle sue lettere traspare, più che la volontà di
raccontare e informare di sé, una struggente nostalgia
per la famiglia, per le abitudini casalinghe, che si traduce
nella continua evocazione di tutti i personaggi, nominati uno
per uno, genitori, fratello, sorella, cognata, nipoti, la domestica,
gli amici contadini di Padenghe.
Angelo Cottinelli non è una figura di rilievo né per
la guerra né per la Resistenza. E’ un uomo comune,
anzi, men che comune: debole, invisibile, dimenticato.
Ma è stato assassinato in modo atroce e futile dal nazifascismo,
senza nemmeno essere un nemico, un oppositore. La banalità di
questa vittima ci sembra che renda ancor più giusta la
pietra d’inciampo che si è voluta mettere alla porta
della casa dove abitava. Perché ci s’inciampi e
si ricordi che anche questo è un Uomo, e che il suo assassinio,
come quello di tanti milioni, è opera di quei mali assoluti,
imperdonabili, che hanno un nome ben preciso e possono essere
ancora fra noi, per colpevole ignoranza o per turpe scelta
politica.
Vincenzo Cottinelli,
anche a nome dei fratelli Antonio e Alessandro, autunno 2012 |
|
|
|
Intervento
di Alberto Franchi
Presidente Cooperativa
Cattolico-democratica di Cultura
Intervento del Sindaco
di Brescia Adriano Paroli
Ricordo di Mario Ballerio
Ricordo di Roberto Carrara
Ricordo di Domenico Pertica
Ricordo di Angelo Cottinelli
Ricordo di Guido e Alberto Dalla Volta
Ricordo di Emilio Falconi
Ricordo di Severino Fratus
Ricordo di Andrea Trebeschi
Intervento di Bernhard Hauer, Console
Generale Aggiunto del Consolato di Germania a Milano, su Andrea Trebeschi
Brochure della Cooperativa Cattolico-Democratica di Cultura
"Brescia ricorda le vittime dei lager"
|