Lettera aperta al
Colonnello Eugenio PALADINI
Caro Eugenio,
fino ad oggi non sapevamo
nemmeno che esistevi, non sapevamo minimamente quale
fosse la tua storia.
Ti abbiamo conosciuto attraverso questo progetto e con questa lettera
ti vogliamo dire che non sei stato dimenticato.
Tutti sappiamo cosa ti è accaduto in quei giorni, quali brutte
esperienze hai vissuto e quali orribili cose è capace di fare
l'uomo.
Sei vissuto nel nostro quartiere, probabilmente hai giocato nei nostri
parchi e forse chissà ...! hai frequentato anche la nostra scuola.
Sappiamo della tua tragica fine; pur di non essere umiliato, non sopportare
quelle offese e non arrenderti ai tedeschi hai rinunciato alla vita in
nome di quella libertà che ci rende tutti uguali. Sei stato un
uomo di valore e per noi sarai sempre da esempio.
Noi ti consideriamo infatti un eroe, non ti dimenticheremo e proprio
per ricordarti per sempre siamo qui a pone la pietra d'inciampo.
Speriamo che almeno dove stai ora, tu stia bene.
Colonnello, sarai sempre con noi!
Gli alunni della V A della
Scuola Ada Negri |
La nostra
ricerca
Settembre 1943 - periodo drammatico
e triste per la nostra Patria
L'annuncio dell'armistizio
(8 settembre 1943) per i militari italiani fu uno smarrimento
frammisto di gioia e di incertezza. Le truppe italiane
di stanza in Iugoslavia, Grecia e Albania che non si arresero
ai tedeschi furono internate localmente o trasportate in
campi di internamento in Polonia e in Germania.
La sera stessa dell' 8 settembre Kesselring aveva detto: "il Governo Italiano
ha commesso il più infame dei tradimenti, le truppe italiane dovranno
continuare la lotta al nostro fianco altrimenti non vi sarà clemenza
per i traditori".
Per questo motivo nei giorni seguenti venne attribuita dallo stesso Hitler
ai militari italiani catturati dopo l'8 settembre illegittimamente la qualifica
di "internati" per farne dei prigionieri senza "status",
senza tutela, privi di una nazione protettrice e senza l'assistenza della Croce
Rossa Internazionale, totalmente alla mercé della potenza detentrice.
In Albania c'era la 9hArmata che comprendeva: la divisione "Arezzo" che
fu fatta tutta prigioniera, la divisione "Brennero" che collaborò con
la Repubblica sociale, le divisioni "Perugia" e "Puglia" che
combatterono valorosamente contro l'armata tedesca scrivendo una importante
pagina della Resistenza italiana.
Nel campo di Meppen il 24.10.1943 un ufficiale italiano, il colonnello di artiglieria
E. Paladini, giunto la sera da Tirana, insieme con gli ufficiali del gruppo
Armate dei Balcani, nella notte si uccide, non potendo sopportare le vessazioni
inflittigli da un soldato tedesco, considerate lesive della sua dignità di
uomo. Lo testimonia nel suo libro di memorie il cappellano Guido Visendax che
consegnerà il doloroso testamento del colonnello alla famiglia a Roma.
Dei maltrattamenti nei campi lo conferma la relazione dell'ufficiale maggiore
Beniamino Andreatta inviata nell'agosto del 45 al Presidente del Consiglio
che così rappresenta la condizione degli internati: "Malmenati,
morsicati dai cani lupo aizzati dai guardiani, tutti assoggettati a pesanti
coercizioni, umiliati, sottoposti a pesanti lavori, faticosi viaggi di trasferimento
da campo a campo in vagoni bestiame, chiusi per giorni e giorni senza uso di
latrine, sottoposti a periodiche perquisizioni, ad estenuanti appelli all'aperto,
con qualsiasi condizioni di tempo senza facoltà di esonero neppure per
gli ammalati".
Il campo di concentramento dove ha trovato la morte il colonnello Paladini
era situato a Meppen, una città della Germania nord-occidentale, nello
stato della Bassa Sassonia. Meppen si trova alla confluenza di quattro corsi
d'acqua, infatti il nome Meppen deriva dalla parola mappe che significa delta.
I lavori nel campo di Meppen erano fabbricare mattoni con l'argilla estratta
da una cava che si trovava nel campo. Il campo fu operativo dal 1938 al 1945.
Vi morirono circa 55.000 persone.
Questi orrori non sì devono j più ripetere.
Gli alunni della V A della
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