Gli Stolpersteine (pietre d’inciampo) sono un progetto artistico animato da ragioni etiche, storiche e politiche. Nel 1990, al cospetto di una signora che negava che a Colonia nel 1940 fossero stati deportati 1000 sinti come prova generale per la deportazione degli ebrei, l’artista tedesco Gunter Demnig decide di dedicare la sua vita e il suo lavoro alla memoria di tutti i deportati, razziali, politici, militari, rom e omosessuali, in tutto il mondo.

Escogita una soluzione di sorprendente discrezione: un semplice sampietrino, come i tanti che pavimentano le strade delle nostre città, reca incisi, sulla superficie superiore di ottone lucente, pochi dati identificativi: nome e cognome, data di nascita, data e luogo di deportazione, data di morte, quando conosciuta. É collocato sul marciapiede prospiciente l’abitazione dei deportati: da lì sono stati prelevati, strappati ai loro affetti e alle loro occupazioni, per essere deportati e uccisi senza ragione, finiti in cenere o in fosse comuni, privando così i famigliari e i loro discendenti persino di un luogo dove ricordarli. Grazie alle “pietre d’inciampo” tornano ora nelle loro case, con dignità di persone, per essere ricordati dai parenti, dagli inquilini del palazzo, dai tanti cittadini che ogni giorno transitano lì davanti.

Pensare di collocare tanti sampietrini quanti sono i deportati è impresa titanica: Demnig ha il merito di aver avviato il progetto nel 1993 e di dedicarvi la sua attività di artista, consapevole di non poterlo vedere concluso. Oggi gli Stolpersteine sono già oltre 50.000, in 17 paesi europei e in 898 città tedesche. Il 28 gennaio 2010 anche l’Italia è entrata a far parte di questo grande circuito della memoria. 30 sampietrini, dedicati a ebrei, politici e carabinieri, sono stati installati in sei quartieri di Roma. Alla cerimonia che ha accompagnato la posa delle pietre hanno partecipato in tanti: i Presidenti dei Municipi, il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, i parenti dei deportati sopravvissuti, i ragazzi delle scuole che hanno lavorato al progetto didattico, l’attrice Ottavia Piccolo che ha voluto condividere l’iniziativa leggendo dei brani.

In occasione della seconda edizione di “Memorie d’inciampo a Roma”, il 12 e il 13 gennaio 2011, 54 sampietrini sono stati installati in 5 municipi.
Per la terza edizione, dal 9 al 12 gennaio 2012, 72 sampietrini sono stati installati in 7 municipi, alcuni dei quali, dedicati a don Pietro Pappagallo, ai Di Consiglio e a Gioacchino Gesmundo, ricordano i martiri uccisi il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine. Per la prima volta, nello stesso anno, il progetto ha coinvolto altre città italiane: un sampietrino è stato installato a Genova e un altro a L’Aquila, nella zona terremotata. Se il 14 e 15 gennaio 2013 le pietre installate da Demnig a Roma sono state 20 in 5 municipi, in occasione della quinta edizione, il 13 e 14 gennaio 2014, se ne sono aggiunte altre 15, due delle quali posizionate per la prima volta difronte al carcere di Regina Coeli, da dove è partito, il 4 gennaio 1944, il primo convoglio di prigionieri politici alla volta di Mauthausen. Nel corso della sesta edizione, il 7 gennaio 2015, 20 nuove pietre sono state installate nel I Municipio.
Per la settima edizione, l’11 gennaio 2016, sono state installate 11 pietre in memoria di deportati razziali e politici. L’11 e il 12 gennaio 2017, in occasione dell’ottava edizione, Demnig ha installato altri 24 Stolpersteine. Il 9 gennaio 2018, per la nona edizione, sono state instalate 11 nuove pietre e per la decima edizione, il 15 e 16 gennaio 2019 ne sono state installate altre 26. Il 13 e 14 gennaio 2020 per l'undicesma edizione, sono state installate altre 34 nuove pietre. Il 19 e 20 gennaio 2021 sono state installate altre 21 pietre.
Nel corso delle ultime edizioni, poi, la mappa italiana degli Stolpersteine si è estesa a includere ben 22 città italiane: Bolzano, Brescia, Genova, Chieti, Gorizia, L'Aquila, Livorno, Meina, Merano, Novara, Ostuni, Prato, Premolo, Ravenna, Reggio Emilia, Siena, Stresa, Teramo, Torino, Venezia, Viterbo

Cosa rende le pietre d’inciampo così uniche rispetto agli altri monumenti e memoriali?

- la discrezione e l’assenza di retorica. Il sampietrino non emerge ma s’interra, non s’impone ma vi si inciampa casualmente. La memoria non è esiliata nel monumento ma sollecitata dalla scrittura, il più concettuale tra i mezzi di espressione. Un “contro - monumento”, dunque, come quelli del tedesco Jochen Gerz, di Jan Dibbets in memoria di Francois Arago, di Christian Boltanski a Parigi e Berlino.

- l’integrazione urbana. A dispetto della loro discrezione, “le pietre d’inciampo”, una volta installate, diventano parte integrante del tessuto urbano, della sua toponomastica.

- la diffusione. Le “pietre d’inciampo” sono legate a luoghi precisi, le case dei deportati, ma sono estremamente diffuse: non centripete come un monumento ma centrifughe come una mappa urbana.

- l’intreccio tra passato e presente, condizione di ogni elaborazione della memoria non meramente commemorativa e rituale. Chiunque inciampi oggi in un sampietrino non può non soffermarsi, riflettere e interrogarsi su ciò che è stato e su ciò che potrebbe riaccadere, magari sotto altre spoglie.

- l’intreccio tra individuo e collettività. Gli Stolpersteine sono tutti uguali. Come le lastre tombali al Mausoleo delle Fosse Ardeatine a Roma, additano un tragico destino comune. Ma gli Stolpersteine sono anche tutti diversi, perché dedicati ai singoli deportati. Restituiscono dignità di persona a chi è stato ridotto a numero, offrono un luogo dove ricordare chi è finito in cenere o in una fossa comune.

- l’intreccio tra memoria privata e memoria pubblica. La richiesta di installare i sampietrini parte dai parenti dei deportati; il costo della realizzazione è a loro carico. A installazione avvenuta però, ciò che costituiva oggetto di una memoria e di un dolore privati diviene patrimonio della collettività. A differenza delle lapidi, la cui autorizzazione spetta ai condomini, la responsabilità dei sampietrini, dell’installazione non meno che della loro salvaguardia e manutenzione, è appannaggio dei Municipi.

- contro il revisionismo. Come negare l’esistenza dei campi di sterminio quando a ogni piè sospinto s’inciampa in una pietra che ricorda chi e dove è stato annientato?

- per la ricerca storica. Il reperimento dei dati relativi ai deportati, l’individuazione delle loro abitazioni, la raccolta delle testimonianze dei famigliari consentono di incrementare la ricerca storica scritta e orale, di arricchire e integrare i Libri della memoria.

- il coinvolgimento degli studenti. Sono loro il futuro. A loro spetta il compito di ricordare, testimoniare, vigilare e denunciare ogni segnale di intolleranza e di razzismo nei confronti dei diversi. A loro è dedicato il progetto didattico che ogni anno coinvolge nuove scuole nelle ricerche sui deportati nei singoli municipi.

- progetto in progress. A differenza delle celebrazioni che ogni anno si affollano nella giornata deputata alla memoria il 27 gennaio, “Memorie d’inciampo” è un progetto in progress, la cui durata è imprevedibile e incalcolabile. Lo sportello aperto presso la Biblioteca della Casa della Memoria e della Storia di Roma è attivo tutto l’anno. Ascolta, indirizza e raccoglie le prenotazioni per i sampietrini che, inoltrate all’artista, si traducono in altrettante pietre da lui realizzate e personalmente installate. Un'opera allo stesso tempo concettuale e autografa.

Vale confrontare “Memorie d’inciampo” e “Arteinmemoria”a Ostia Antica: due progetti artistici dedicati alla memoria e organizzati dall’Associazione culturale arteinmemoria. Cosa li distingue?
Se la biennale di arte contemporanea ospitata nei resti dell’antichissima Sinagoga di Ostia Antica invita a ogni edizione artisti diversi a confrontarsi con lo stesso luogo, nel caso di “memorie d’inciampo” un unico artista declina lo stesso lavoro su persone diverse e in luoghi diversi. L’iniziativa ostiense è dunque centripeta, storicamente, simbolicamente e architettonicamente – è la più antica sinagoga della diaspora, memoria del Secondo Tempio di Gerusalemme distrutto dai Romani. Agli antipodi, il progetto Stolpersteine è centrifugo: disseminando i sampietrini nella città, senza distinzione tra centro e periferia, tra quartieri ricchi e altri poveri, disegna una mappa dei luoghi della memoria anti-gerarchica e in continua ridefinizione.

A molti va l’onore e il merito di questo progetto e, soprattutto, della sua possibilità di continuare a vivere.

- A Gunter Demnig, in primo luogo, per l’idea geniale degli Stolpersteine come strumento contro l’oblio e il revisionismo storico. Tedesco, sconvolto dalla capacità di rimozione del suo popolo, è il messaggero delle pietre d’inciampo nel mondo.

- Ai testimoni sopravvissuti e alle famiglie dei deportati che, donando gli Stolpersteine in memoria dei loro cari, consentono alla loro storia e al loro dolore di divenire patrimonio collettivo, dei giovani e degli studenti, soprattutto, cui spetta la responsabilità di costruire una società più giusta e umana.

- Al Presidente della Repubblica, per concedere ogni anno l'Alto Patronato all'iniziativa.

- Al Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah.

- Ai Presidenti dei Municipi, che hanno accolto con entusiasmo il progetto, attivato una rete istituzionale dal basso, provveduto alle opere necessarie all’installazione delle pietre, tutelato e salvaguardato la loro incolumità. Quando, a un mese esatto dalla loro installazione, le pietre dedicate alla famiglia Terracina a piazza Rosolino Pilo sono state profanate dai fascisti, la risposta delle istituzioni e dei cittadini è stata ferma, tempestiva e di massa. Un grande presidio ha raccolto in piazza migliaia di persone, riportando le pietre alla loro lucentezza originaria. La stessa cosa si è verificata in occasione della profanazione delle tre pietre in memoria della famiglia Spizzichino, strappate con atto vandalico da un inquilino del palazzo, a due giorni dalla loro installazione in via S. Maria in Monticelli nel gennaio 2012.

- Al comitato promotore (ANED Associazione Nazionale ex Deportati, ANEI Associazione Nazionale ex Internati, CDEC Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, IRSIFAR Istituto Romano per la Storia d’Italia dal Fascismo alla Resistenza, Federazione delle Amicizie Ebraico Cristiane Italiane, Museo Storico della Liberazione), al comitato scientifico (Anna Maria Casavola, Annabella Gioia, Elisa Guida, Antonio Parisella, Liliana Picciotto, Micaela Procaccia e Michele Sarfatti) per lavorare alacremente al reperimento dei dati e alla verifica della loro esattezza, al comitato organizzativo (Marina Levi Fiorentino, Annabella Gioia, Elisa Guida, Eugenio Iafrate, Bice Migliau, Sandra Terracina), il cui impegno consente al progetto di realizzarsi.

- Alle responsabili del progetto didattico (Annabella Gioia e Sandra Terracina) per indirizzare e coordinare le ricerche degli insegnanti e degli studenti.

- A Graziella Lonardi Buontempo, per aver sostenuto con entusiasmo e convinzione l’avvio del progetto. .

- A Stefano Gambari, responsabile della Biblioteca della Casa della Memoria e della Storia, per aver aperto lo “sportello” che accoglie ogni anno le richieste di nuove pietre consentendo al progetto di crescere e ampliarsi, a Liliana Bilello ed  Elisa Guida per portare avanti il suo impegno.

- All’Osservatorio della fotografia della Provincia di Roma e agli studenti dell’Istituto Rossellini, per la ricchissima documentazione fotografica e audio-visiva con cui Giovanni D’Ambrosio e Paolo La Farina possono ogni anno aggiornare questo bellissimo sito.

Adachiara Zevi