Groma occupa il luogo della
Sinagoga dove erano custoditi, entro lo scrigno ricurvo
ricostruito da Sol LeWitt, i Rotoli della Legge. Lì,
due anni prima, poggiava il reperto di alabastro di Marisa
Merz e risuonavano le note dell’inno a Rosa Luxemburg,
diffuse dagli altoparlanti di Susan Philipsz. Il Groma
è uno strumento originariamente in uso presso gli antichi
romani, per quadrare i terreni: «La sua semplicità
di costruzione mi ha affascinato e l’idea di quadrettare
il mondo mi ha atterrito», spiega Fabro. I materiali
di cui è
costruito sono reperibili ovunque: due assi incrociate
e quattro pesi (sacchetti riempiti di terra o ampolle
di vetro).
È concepito la prima volta per una mostra d’architettura
(IBA) al Martin Gropius Bau di Berlino nel 1984, nel palazzo
che fu quartiere generale delle SS naziste: la terra usata
è certamente intrisa di sangue. «Ricordava
un progetto sociale, il nazismo, e tra i fili avevo teso
una rete di rame morbidissima ma durissima». Una
seconda versione è al Castello di Rivoli nel 1989,
in una sala riccamente affrescata. In «una città costruita
proprio col sistema del groma, indicava una prospettiva
urbanistica, ma anche una certa mentalità».
Se la terra contenuta nei sacchetti evoca qui la storia
infinita del Castello progettato da Filippo Juvarra,
la rete di rame è sostituita da teli colorati
con macchie di Rorschach. Nel 1997 è la volta
di Groma dedicato a Baruch Spinoza. Al posto
dei sacchetti di sabbia ci sono quattro ampolle di vetro
soffiato di Murano contenenti acqua che, fungendo da
lente, consente di leggere quattro lezioni tenute da
Fabro all’Accademia
di Belle Arti di Brera a Milano, infilate nelle ampolle:
Una, cento, mille qualità, La sciatteria,
Il sospetto, Lo svanire dell’opera dietro la morale,
tutte del 1997. Al di sotto dell’ultima ampolla
poggia invece il testo della scomunica decretata dalla
comunità
ebraica di Amsterdam nel 1656. Groma (monoteista)
per Ostia antica, infine, sostituisce i sacchetti di sabbia
e le ampolle vitree con quattro pizze di gesso: una graffita
con la stella di Davide, l’altra con la croce cristiana,
la terza con la mezzaluna, la quarta, ancora informe,
attende il suo simbolo. Su ciascuna pizza è infilata
una delle lezioni suddette. «Vorrebbe depistare
dalla catena tragica alla catena alimentare», è il
commento ironico-sarcastico di Fabro.