«La maggior
parte della realtà è invisibile e sono le cose
visibili a darci la possibilità di desumere l'invisibile.
Analogamente all'opera "invisibile" in cui l'invisibile si
rivela contiguo al dato visibile, la visione delle vestigia
della Sinagoga induce a evocare e a immaginare l'invisibile
di altri momenti», dichiara Anselmo a
proposito di Invisibile , un parallelepipedo di
marmo nero d'Africa su cui è incisa la scritta visibile
. Il blocco non è intero ma tagliato su un lato,
presuppone infatti una parte invisibile, infinita e incommensurabile,
quella in che rende l'opera completa ma «invisibile».
Anselmo
poggia quel blocco nero nei pressi della sinagoga, accanto
a due frammenti: per modestia, rispetto e discrezione. A
differenza di LeWitt e Cabrita Reis che adottano materiali
e strutture consone al luogo, Invisibile è palesemente
dissonante - il blocco è geometrico, levigato e nero - dai
frammenti contigui corrosi dal tempo. Eppure, a pochi giorni
dalla messa in posa, sembra lì da sempre, quasi la sua
energia, fondendosi con quella sprigionata dal luogo, rendesse «invisibile» il
suo ingombro. Anche perché Invisibile volge
a est, come la sinagoga di Ostia, come tutte quelle della Diaspora,
rivolte al Tempio di Gerusalemme, oggetto della loro memoria. |
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