La "pietra
d'inciampo" per Gesmundo a Roma (vai alla scheda)
Ore 0,30 di lunedì 14 gennaio, Terlizzi. In Via Marzabotto
un vocio di ragazzi rompe il silenzio della notte. Sono 49 alunni
delle terze classi della “Gesmundo” in ansiosa attesa
di partire con destinazione Roma. Dovranno essere presenti ad un
evento irripetibile: la collocazione di uno STOLPERSTEINE sul marciapiedi
di Via Licia 54 (ex 76), ultimo domicilio romano del concittadino
prof. GIOACCHINO GESMUNDO. Gli alunni già conoscono molto
del prof. Gesmundo: educatore e filosofo, oppositore politico della
dittatura nazifascista e apostolo della libertà; sanno anche
che, per la sua attività di combattente attivo della Resistenza
Romana, fu atrocemente seviziato nell’ ”albergo” di
Via Tasso, poi condannato a morte dal tribunale militare tedesco
e ucciso infine alle Cave Ardeatine insieme ad altri 334 italiani,
tra questi molti erano inconsapevoli della causa della propria morte.
Forse gli alunni non sanno che lo scorso anno è stata collocata
una “memoria d’inciampo” anche sul marciapiedi
di Via Urbana 2, ultima dimora di don Pietro Pappagallo, per iniziativa
di don Francesco Pesce, parroco della chiesa di Santa Maria ai Monti.
Sicuramente sanno poco che le “pietre d’inciampo” nascono da
un’idea dello scultore berlinese GUNTER DEMNIG per testimoniare visivamente
l’esistenza dei milioni di cittadini europei uccisi dai regimi totalitari,
in particolare da quello nazista, e dai loro collaborazionisti, come il governo
fascista italiano. Non pensava ad una lapide o ad un monumento, ma ad un piccolo “inciampo
visivo”, ma forte per impatto emotivo e simbolico, da collocare in prossimità dell’abitazione
da cui essi furono prelevati per essere condotti a morte. In circa 30 anni, Demnig
ha già installato in varie città europee circa 30 mila Stolpersteine:
sampietrini standard 10x10 in ottone lucente che riportano in rilievo i dati
anagrafici del perseguitato, l’anno di nascita, le date dell’arresto
e della morte, il luogo di morte. In Italia si è svolta la quarta edizione
del progetto artistico/storico dell’artista tedesco, posto sotto l’Alto
Patrocinio del Presidente della Repubblica, coordinato da Adachiara Zevi, promosso
da diverse associazioni e fondazioni, sostenuto dalla Comunità Ebraica,
dall’Ambasciata della Repubblica Federale Tedesca e dal Comune di Roma.
Quest’anno Demnig ha installato 36 “pietre che fanno inciampare” in
aggiunta alle 200 degli anni scorsi.
Gli alunni, insieme ai dirigenti Pellegrini e Porfilio, a due docenti ed una
mamma giungono a Roma, all’alba. Dopo la doverosa accurata visita al luogo
dell’Eccidio Ardeatino, al Sacrario e al sovrastante Museo, fissati nella
memoria e negli obiettivi, girano per Roma Capitale e per il Vaticano. Al tramonto
si portano in Via Licia, 54. Qui incontrano una folla in attesa dell’arrivo
dell’artista. Salutano Gioacchino Gesmundo, nipote del Martire giunto da
Lecco che, con le sorelle, ha assunto l’iniziativa, da me segnalatagli,
della “pietra” davanti alla casa dello zio paterno; riconoscono i
concittadini Gero Grassi e Renato Brucoli. Arrivano alunni e docenti del Liceo
romano “Cavour”, i coniugi ultranovantenni Luigi e Rosa Lea Cicatelli
da Velletri, ex alunni del “Cavour”, Susi Fantino, Presidente del
IX Municipio di Roma, Adachiara Zevi, curatrice del progetto, Aladino Lombardi
del direttivo ANFIM, Guido Albertelli, figlio di Pilo, Martire ardeatino e collega
del Nostro a Formia, Pina e Nilo Cardillo ex dirigente del Liceo di Formia, Giuseppe
Mercurio, dirigente della Scuola elementare romana “G .Gesmundo”.
L’artista Demnig, dopo aver posto un’ altra “pietra” in
Via Appia Nuova sempre nel IX Municipio, arriva in Via Licia preceduto dalle
forze dell’ordine e dalla squadra di operai. Si sofferma sul marciapiedi
antistante il civico 54; osservatolo attentamente, traccia con la matita un quadrato
10x10. Dopo che gli operai lo tagliano con il flessibile, lo scultore colloca
della malta per fissare al pavimento “la memoria d’inciampo” per
il Martire Ardeatino prof. GIOACCHINO GESMUNDO, oppositore politico. Ai prolungati
e fragorosi applausi, seguono gli interventi delle autorità, del nipote
Gesmundo, dei rappresentanti delle Associazioni e la lettura del messaggio del
Sindaco di Terlizzi. Commovente è stato il breve intervento dei due anziani
ex alunni. Al termine, molto seguiti con viva partecipazione sono stati il breve
reading dello spettacolo teatrale “Quelli dell’Alberona” di
Massimiliano Coccia del Museo Storico della Liberazione con interprete Antonio
De Matteo e la lettura di pagine di “Cuore di donna” di Carla Capponi
relative alla attività di Gesmundo nella Resistenza Romana. Si è fatta
sera quando il gruppo dei terlizzesi sale sul pullman per il ritorno a casa.
Tutti stanchi, ma emozionati ed arricchiti della lezione di vita del prof. Gesmundo
e della storia recente, si ripetono le parole di Martin Luter King citate nell’intervento
di Aladino Lombardi “Abbiamo imparato a nuotare come i pesci, a volare
come gli uccelli, ma non abbiamo ancora imparato ad essere fratelli”. Prima
di addormentarmi, ripensavo al pensiero di Guy de Maupassant del 1884 (Al Sole) “Il
viaggio è una specie di porta aperta attraverso la quale si esce dalla
realtà come per entrare in una realtà inesplorata che sembra un
sogno”.
Gennaio 2013
Pietro Porfilio |