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Dante
Calò
Nato nel 1890, Dante Calò aveva
partecipato alla Prima Guerra Mondiale combattendo in prima
linea, nella stessa guerra dove era stato ucciso il fratello
Silvio.
Un articolo comparso sul sito dei Canottieri Aniene 1892
traccia molto efficacemente una parte del profilo di Dante
Calò: “….Tra i caduti, non perché gli
altri non lo meritino, ma solo per ragioni di spazio, ricordiamo
in particolare Dante Calò: il popolare zio Dante,
scapolo inveterato, trascinatore delle gite fluviali nelle
quali era capace di coinvolgere chiunque volesse. Gagliardo
organizzatore di gite sociali; condusse addirittura i soci
da Roma ad Orte in una festosissima navigazione sul Tevere.
Lo zio Dante convinse tra l’altro un gruppo di consoci
giovani al “canottaggio di fondo” rendendo
le domeniche sempre più belle e memorabili.”.
Così poi lo ricordava il nipote Alberto Di Nepi: “Avvocato
di spiccate capacità, uomo di vasta cultura, spirito
acuto e caustico, brillante oratore, elegante, sportivo,
donnaiolo, era uno dei soci dell’Aniene più popolari
e benvoluti dell’epoca. Antifascista accanito e aperto,
scomparve tragicamente deportato durante l’occupazione
tedesca per essersi temerariamente esposto nella sua attività di
partigiano e rifiutandosi di nascondere il suo vero nome”.
Il resto delle informazioni sono estratte dal libro “Toccare
il fondo” di Gianna Di Nepi, pronipote di Dante che
ha ricostruito la vita della sua famiglia tra la prima
guerra mondiale ed il 1947.
Il 16 Ottobre l’avvio della deportazione degli ebrei
romani corrispose all’inizio della clandestinità anche
di Dante. E proprio Dante scrisse “infamia tedesca” sull’oramai
famoso foglio del calendario in corrispondenza al 16 Ottobre
1943 ed arrivato fino ai giorni nostri grazie al nipote
Goffredo Roccas.
Profondo antifascista Dante partecipò attivamente
alla Resistenza Romana.
Tra le attività che videro Dante protagonista spicca
il 7 Novembre 1943 il trasferimento effettuato, assieme
al nipote Goffredo, degli arredi sacri del Tempio Maggiore
che dal 1941 erano nascosti nella sede del Banco di Napoli
in Piazza del Parlamento.
Quel giorno proprio mentre nella Banca erano presenti i
fascisti alla ricerca dei beni della Comunità, Dante,
Goffredo ed altri usciti dai nascondigli riuscirono con
non pochi rischi a caricare gli arredi su un carretto ed
a portarli presso lo spedizioniere Bolliger. Le casse per
destare meno sospetti furono inserite dallo spedizioniere
in un magazzino che già conteneva beni di proprietà dell’Ambasciata
Tedesca!
Dante e Goffredo decisero quindi di cambiare nascondiglio
trasferendosi in un garage usato per riunioni ed attività clandestine
volte a trovare documenti falsi e nascondigli agli ebrei
romani.
E’ proprio in questo garage che il 13 gennaio 1944
a causa della delazione da parte di un italiano, cosa che
si ripetè per quasi tutti gli arrestati dopo il
16 ottobre, Dante venne arrestato dai fascisti.
Erano sette i presenti quel giorno nel Garage. Qualcuno
pensò di colpire alle spalle i fascisti ma Dante
si oppose con fermezza dichiarando: “ non ucciderò due
soldati italiani: dura lex sed lex”. Nel trambusto
causato da una rissa inscenata dai presenti, uno riuscì a
fuggire, mentre gli altri vennero tutti interrogati.
Goffredo Roccas e Guido Coen si salvarono grazie ai documenti
falsi, ma i fascisti arrestarono ed incarcerarono gli altri
quattro presenti nel Garage: Dante, il fratello Pio, la
cognata Pia di Cave e Santoro Caviglia collaboratore di
Dante. In particolare Dante venne trovato in possesso del
biglietto da visita con il suo vero nome.
Vedendosi scoperto Dante rivendicò orgogliosamente
la sua identità dichiarando: “Si, sono Dante
Calò, ebreo, capitano dei Bersaglieri, ferito e
decorato in guerra. Vergognatevi di quello che fate!!”.
L’8 marzo i quattro arrestati vennero tradotti nel
campo di Fossoli e da cui Dante mandò i biglietti
che sono arrivati fino ai nostri giorni grazie a Goffredo
Roccas.
Il 5 Aprile 1944 da Fossoli il gruppo insieme ad altri
ebrei internati venne deportato ad Auschwitz dove arriva
dopo 5 giorni con il convoglio 09.
Di Dante e Pia il Libro della Memoria dice “morti
in luogo e data ignota”, Pio viene ucciso all’arrivo
e Santoro sopravvive fino a Febbraio del 1945.
Sulla tomba monumentale del fratello Silvio Calò caduto
nella prima guerra mondiale, la famiglia dopo la liberazione
ha aggiunto: “ Qui riposano in spirito i fratelli
Pacifico e Dante vittime della viltà e della ferocia
dei nazifascisti”
Finita la guerra Goffredo Roccas, avvocato, portò in
giudizio i delatori italiani che denunciarono Dante e gli
altri: grazie anche alle connivenze generalizzate di fascisti
nella Magistratura che dopo la guerra mantenne gli stessi
componenti presenti nel periodo fascista, i denunciati
vennero tutti assolti!! Raffaele Sabbadini |
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