In
un angolo dell’aula della sinagoga dove venivano
un tempo custoditi i Rotoli della Legge, quattro
altoparlanti a tromba diffondono la voce tenue
e insinuante dell’artista scozzese. Canta
Rosa, l’inno in memoria della grande rivoluzionaria
Rosa Luxemburg e del suo compagno Karl Leibneicht,
tanto popolare in Germania da venire intonato nel
corso delle manifestazioni politiche. Riadattato
per la sinagoga, però, lo stesso inno perde
il suo carattere combattivo, militante, per trasformarsi
quasi in lamento. La musica e il canto sono gli
strumenti attraverso i quali Philipsz cerca di «ricondurre
il pubblico al suo ambiente, di rendere la gente
più cosciente del luogo in cui si trova,
aumentando allo stesso tempo la loro consapevolezza
di se stessi. Per questo, la collocazione del lavoro è molto
importante e il luogo diventa l’elemento
visivo». La musica, dunque, interpretata
dalla stessa artista, non mira all’evasione
ma, al contrario, al radicamento, a stimolare
la memoria personale e collettiva, attivando,
per sintonia o per contrasto, i luoghi. |