I
frammenti della Scrittura privata sono disseminati al suolo
dell’aula più grande della sinagoga. A un luogo
di rovine, l’artista affida per la prima volta altre
rovine, della cui sparizione definitiva s’incaricherà
il tempo. Un processo nient’affatto casuale –
nulla è casuale in Paolini – ma progettato: si
sa cosa sparirà, come sparirà, dove sparirà;
l’unica incognita è il tempo, l’enigma
dell’ora, appunto, come recita il sottotitolo dell’opera.
Sessanta frammenti, come i sessanta minuti dell’ora,
sono sparsi su un’area di sessanta metri quadrati. Su
di essi l’artista scrive, con un inchiostro indelebile,
un testo «a memoria». Già illeggibile perché
frammentario, sarà anch’esso in balia del tempo
e delle intemperie. Due i riferimenti suggeriti da Paolini:
altri frammenti, come le Rovine della Biblioteca di Pergamo
o quelli del vaso cinerario della contessa Lodovica Callemberg
di Antonio Canova, oppure immagini del tempo, quali L’enigma
dell’ora di De Chirico, naturalmente, e, agli antipodi,
l’ora esatta registrata dal Naval Observatory di Washington,
regolata sull’Ora Universale di Greenwich. |
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