Massimo BARTOLINI
Apertura, 2007
Cancello in ferro,
8 rilevatori a raggi infrarossi

«La porta rende permeabile un luogo progettato per essere impermeabile, se una porta si apre e si chiude è una porta aperta e il luogo permeabile», spiega Bartolini a proposito di Apertura . Sceglie il cancello adiacente alla sinagoga, lungo il recinto degli scavi. Di servizio, è attivato di rado, e solo da personale addetto. Eppure, potrebbe dare accesso diretto a un luogo che, proprio per la distanza dal cuore dell'insediamento, è raggiungibile solo intenzionalmente. Bartolini ne manomette il meccanismo, senza sostituirlo; esaspera quello esistente, intimandogli di aprirsi e chiudersi in continuazione. «La porta è disattivata, istupidita attraverso l'accelerazione del ciclo di aperture - chiusure: il lavoro che dovrebbe fare in un anno lo fa in un giorno. La chiusura per essere deve essere per sempre, l'apertura un attimo». «Disattivare iperattivando - aggiunge -, forse in Occidente non siamo ancora così iperattivi da disattivarci e fare sì che il mondo altro entri».
La poetica di Bartolini si fonda sul sovvertimento di funzioni, codici e significato degli elementi messi in gioco, in primis spazi abitati come le stanze, in primis porte e finestre. Ostia non fa eccezione: se il cancello chiuso allontana i visitatori dalla sinagoga, nel piccolo sabotaggio di Bartolini essa diventa perennemente accessibile. L'arte, vuol forse dirci, si adopera per l'apertura e il dialogo. «Una porta come quella fatta per star chiusa e che invece continuamente si muove si presenta come uno sbaglio, come una architettura sabotata, istupidita, umoristica e inquietante. Mi viene in mente che questa porta permetta il passaggio a persone e cose invisibili». Il riferimento, sottile e metaforico, è alla Giornata della Memoria, all'apertura dei cancelli di Auschwitz: «Quelle porte per ognuno si aprivano una volta per tutte. Si entrava e non si usciva o si usciva e non si rientrava più» . Quella porta impazzita allora è come un miraggio, della libertà sognata dai prigionieri del campo ma anche da tutti gli esseri umani vittime di sopraffazioni e ingiustizie, di convenzioni e conformismi. Auschwitz come emblema di discriminazione, persecuzione e sterminio.