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Riccardo Pacifici
era Rabbino Capo della Comunità Israelitica
di Genova, quando, nel novembre del 1943, venne deportato
dai nazisti. Egli fu una delle personalità più autorevoli
fra gli Ebrei italiani negli anni tra le due guerre e nel
periodo delle persecuzioni antisemite e la sua tragica
scomparsa fu per l'ebraismo italiano una gravissima perdita.
Così inizia il ricordo che ne fece, nel 1967, il
Rabbino di Genova, Aldo Luzzatto in un piccolo volume stampato
in trecento copie che molte delle nostre famiglie tengono
ancora gelosamente tra le cose più care e a cui ho
attinto per questo intervento.
![](../images/fotoinstallazioni_genova/riccardopacifici.jpg)
Riccardo Pacifici era nato
a Firenze nel 1904, si era laureato in lettere nel 1926 e
l'anno successivo aveva conseguito il titolo di Rabbino Maggiore
presso il Collegio Rabbinico di Firenze. Dal 1928 al 1931
fu vice rabbino a Venezia.
Dopo essersi sposato
nel 1930 con Wanda Abenaim, che tredici anni dopo condivise
con lui il tragico destino, si trasferì a
Rodi per dirigere il Collegio rabbinico e dove, resasi vacante
la cattreda, gli fu affidata l'alta carica di Gran Rabbino
di Rodi fino all'anno 1936 che lasciò per assumere
quella di Rabbino Capo di Genova.
Io non ho un ricordo personale
del Rabbino Pacifici, ma il ricordo che mi fu tramandato
dalla mia famiglia dopo la Liberazione fu quello di un maestro
che, senza trascurare gli studi e ne sono riprova i non pochi
lavori frutto delle sue ricerche, si occupò costantemente della comunità ebraica
genovese riunendo nella sua persona le qualità dell'insegnante
e dell'uomo di azione.
Con l'arrivo in Italia degli ebrei
stranieri perseguitati dal nazismo si dedicò insieme
all'Avv. Lelio Vittorio Valobra e ai componenti della Delasem, a cercare di
risolvere i numerosi problemi che si presentavano per accogliere e assistere
coloro che raggiungevano la nostra città in attesa di imbarcarsi verso
i paesi ancora ospitali. Ben cinquemila di essi trovarono rifugio all'estero.
Ma
nel 1938, a seguito delle prime disposizioni razziali che escludevano gli studenti
ebrei dalle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, si rivelò tutta la grandezza
del Rabbino Pacifici. Con una immediata decisione si prese
cura della scuola elementare che venne ospitata il pomeriggio
presso la scuola De Scalzi non essendo la Comunità in
grado di gestirla direttamente, ma anche, dopo avere riunito
intorno a sé un gruppo di docenti ebrei anche loro
espulsi dalle scuole di Stato, diede vita a corsi di scuola
media e superiore di nei locali all'ultimo piano della Sinagoga
quelli stessi locali che oggi. ospitano il Museo Ebraico.
Il
suo impegno divenne sempre più intenso quando,
ai profughi stranieri fu reso impossibile rifugiarsi all'Estero.
Furono circa tremilacinquecento quelli che vennero trasferiti
nei campi di concentramento dell'Italia meridionale dove
il Rabbino Pacifici si recò più volte tra il
1942 e il 1943 per offrire assistenza morale e religiosa
e per organizzare scuole e biblioteche affinché continuasse
tra di loro, in quella situazione disagiata, una i normale
vita culturale.
Dopo l'otto settembre, quando ormai
pericoli sempre più gravi
incombevano sugli ebrei italiani, Riccardo Pacifici, nonostante
le pressanti insistenze dei suoi famigliari e dei suoi collaboratori
che volevano si mettesse in salvo allontanandosi da Genova,
non volle abbandonare la sua Comunità.
Accompagnò in Toscana i figli e la moglie e poi riprese
subito il suo posto tra gli ebrei genovesi.
Il due novembre
quando due SS si presentarono in Sinagoga e costrinsero il
custode Bino Polacco a telefonare agli iscritti per avvisarli
che per l'indomani era stata convocata una riunione in Comunità,
non trovarono il Rabbino Pacifici
Egli che viveva in un appartamento
messogli a disposizione dell'Arcivescovo di Genova senza
comunicare a nessuno, nemmeno agli impiegati del tempio il
suo nuovo indirizzo, aveva combinato d'incontrarsi proprio
quel giorno con il custode Bino Polacco in Galleria Mazzini.
Quando si presentò all'appuntamento trovò gli
uomini della Gestapo che, prima di trasferirlo nel carcere
di Marassi, lo portarono in Sinagoga dove lo insultarono
e lo picchiarono.
Rimase nel carcere insieme ai suoi correligionari
arrestati in Sinagoga o, successivamente grazie ai registri
prelevati in Comunità, più di
un mese ma già il 16 novembre il Cardinale Boetto scrisse al Presidente
della Provincia Carlo Basile cercando di suggerirgli una scappatoia legale
per lasciare andare libero il Rabbino. La risposta fu deferente ma vaga : "se
ne avrò l'occasione sottoporro l'argomento all'attenzione delle competenti
autorità "
Il 6 dicembre 1943 un treno condusse gli ebrei genovesi
a Milano e poi fu solo il lungo percorso nei carri bestiame
fino ad Auschwitz dove arrivarono il giorno 11 dicembre.
Il Rabbino Pacifici fu ucciso lo stesso giorno.
La moglie Vanda, messi in salvo i
figli, venne arrestata nel convento di Santa Maria del
Carmine a Firenze dove si era rifugiata e fece parte di
un convoglio che, partito il 30 novembre, si unì a Verona con quello proveniente
da Genova. Non si è mai saputo se i coniugi Pacifici
si siano mai incontrati ad Auschvitz. Delle 600 persone che
viaggiarono su quel treno, solo tre si sarebbero salvate..
Vorrei concludere questo mio breve ricordo del Rabbino Pacifici
con la lettura di alcuni passi dell'ultimo discorso che tenne
in Sinagoga nell'ultimo Rosh ha-shana il capodanno ebraico
da cui emerge con tutta evidenza la grandezza e la solitudine
dell'uomo:
Era il 1 ottobre 1943
"mai forse in questo rosh ha-shana, il nostro tempio è stato
così deserto e abbandonato .. per contro mai, come
in questo rosh hs-shana, noi vi siamo entrati con l'animo
così appassionato e fervente di ardore religioso,
col desiderio intenso di trovarci vicino a Dio e trovare
in Lui pace e conforto. Possiamo ben dire di essere noi,
qui riuniti, gli autentici rappresentanti di quella comunità d'Israele
che mai smentisce se stessa, anche nelle più gravi
e dolorose vicende della vita.
Perché è certamente vero che questo resterà forse il più grave,
il più triste rosh-ha shana di questo periodo di guerra e forse della
nostra vita…
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Brochure "Posa della pietra d'inciampo a ricordo di Reuven Riccardo Pacifici" |
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