Municipio I
Galleria Mazzini - Genova
29 gennaio 2012

testo

Riccardo Pacifici era Rabbino Capo della Comunità Israelitica di Genova, quando, nel novembre del 1943, venne deportato dai nazisti. Egli fu una delle personalità più autorevoli fra gli Ebrei italiani negli anni tra le due guerre e nel periodo delle persecuzioni antisemite e la sua tragica scomparsa fu per l'ebraismo italiano una gravissima perdita.
Così inizia il ricordo che ne fece, nel 1967, il Rabbino di Genova, Aldo Luzzatto in un piccolo volume stampato in trecento copie che molte delle nostre famiglie tengono ancora gelosamente tra le cose più care e a cui ho attinto per questo intervento.


Riccardo Pacifici era nato a Firenze nel 1904, si era laureato in lettere nel 1926 e l'anno successivo aveva conseguito il titolo di Rabbino Maggiore presso il Collegio Rabbinico di Firenze. Dal 1928 al 1931 fu vice rabbino a Venezia.
Dopo essersi sposato nel 1930 con Wanda Abenaim, che tredici anni dopo condivise con lui il tragico destino, si trasferì a Rodi per dirigere il Collegio rabbinico e dove, resasi vacante la cattreda, gli fu affidata l'alta carica di Gran Rabbino di Rodi fino all'anno 1936 che lasciò per assumere quella di Rabbino Capo di Genova.
Io non ho un ricordo personale del Rabbino Pacifici, ma il ricordo che mi fu tramandato dalla mia famiglia dopo la Liberazione fu quello di un maestro che, senza trascurare gli studi e ne sono riprova i non pochi lavori frutto delle sue ricerche, si occupò costantemente della comunità ebraica genovese riunendo nella sua persona le qualità dell'insegnante e dell'uomo di azione.
Con l'arrivo in Italia degli ebrei stranieri perseguitati dal nazismo si dedicò insieme all'Avv. Lelio Vittorio Valobra e ai componenti della Delasem, a cercare di risolvere i numerosi problemi che si presentavano per accogliere e assistere coloro che raggiungevano la nostra città in attesa di imbarcarsi verso i paesi ancora ospitali. Ben cinquemila di essi trovarono rifugio all'estero.
Ma nel 1938, a seguito delle prime disposizioni razziali che escludevano gli studenti ebrei dalle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, si rivelò tutta la grandezza del Rabbino Pacifici. Con una immediata decisione si prese cura della scuola elementare che venne ospitata il pomeriggio presso la scuola De Scalzi non essendo la Comunità in grado di gestirla direttamente, ma anche, dopo avere riunito intorno a sé un gruppo di docenti ebrei anche loro espulsi dalle scuole di Stato, diede vita a corsi di scuola media e superiore di nei locali all'ultimo piano della Sinagoga quelli stessi locali che oggi. ospitano il Museo Ebraico.
Il suo impegno divenne sempre più intenso quando, ai profughi stranieri fu reso impossibile rifugiarsi all'Estero. Furono circa tremilacinquecento quelli che vennero trasferiti nei campi di concentramento dell'Italia meridionale dove il Rabbino Pacifici si recò più volte tra il 1942 e il 1943 per offrire assistenza morale e religiosa e per organizzare scuole e biblioteche affinché continuasse tra di loro, in quella situazione disagiata, una i normale vita culturale.
Dopo l'otto settembre, quando ormai pericoli sempre più gravi incombevano sugli ebrei italiani, Riccardo Pacifici, nonostante le pressanti insistenze dei suoi famigliari e dei suoi collaboratori che volevano si mettesse in salvo allontanandosi da Genova, non volle abbandonare la sua Comunità.
Accompagnò in Toscana i figli e la moglie e poi riprese subito il suo posto tra gli ebrei genovesi.
Il due novembre quando due SS si presentarono in Sinagoga e costrinsero il custode Bino Polacco a telefonare agli iscritti per avvisarli che per l'indomani era stata convocata una riunione in Comunità, non trovarono il Rabbino Pacifici
Egli che viveva in un appartamento messogli a disposizione dell'Arcivescovo di Genova senza comunicare a nessuno, nemmeno agli impiegati del tempio il suo nuovo indirizzo, aveva combinato d'incontrarsi proprio quel giorno con il custode Bino Polacco in Galleria Mazzini.
Quando si presentò all'appuntamento trovò gli uomini della Gestapo che, prima di trasferirlo nel carcere di Marassi, lo portarono in Sinagoga dove lo insultarono e lo picchiarono.
Rimase nel carcere insieme ai suoi correligionari arrestati in Sinagoga o, successivamente grazie ai registri prelevati in Comunità, più di un mese ma già il 16 novembre il Cardinale Boetto scrisse al Presidente della Provincia Carlo Basile cercando di suggerirgli una scappatoia legale per lasciare andare libero il Rabbino. La risposta fu deferente ma vaga : "se ne avrò l'occasione sottoporro l'argomento all'attenzione delle competenti autorità "

Il 6 dicembre 1943 un treno condusse gli ebrei genovesi a Milano e poi fu solo il lungo percorso nei carri bestiame fino ad Auschwitz dove arrivarono il giorno 11 dicembre. Il Rabbino Pacifici fu ucciso lo stesso giorno.

La moglie Vanda, messi in salvo i figli, venne arrestata nel convento di Santa Maria del Carmine a Firenze dove si era rifugiata e fece parte di un convoglio che, partito il 30 novembre, si unì a Verona con quello proveniente da Genova. Non si è mai saputo se i coniugi Pacifici si siano mai incontrati ad Auschvitz. Delle 600 persone che viaggiarono su quel treno, solo tre si sarebbero salvate..

Vorrei concludere questo mio breve ricordo del Rabbino Pacifici con la lettura di alcuni passi dell'ultimo discorso che tenne in Sinagoga nell'ultimo Rosh ha-shana il capodanno ebraico da cui emerge con tutta evidenza la grandezza e la solitudine dell'uomo:

Era il 1 ottobre 1943

"mai forse in questo rosh ha-shana, il nostro tempio è stato così deserto e abbandonato .. per contro mai, come in questo rosh hs-shana, noi vi siamo entrati con l'animo così appassionato e fervente di ardore religioso, col desiderio intenso di trovarci vicino a Dio e trovare in Lui pace e conforto. Possiamo ben dire di essere noi, qui riuniti, gli autentici rappresentanti di quella comunità d'Israele che mai smentisce se stessa, anche nelle più gravi e dolorose vicende della vita.
Perché è certamente vero che questo resterà forse il più grave, il più triste rosh-ha shana di questo periodo di guerra e forse della nostra vita…


Brochure "Posa della pietra d'inciampo a ricordo di Reuven Riccardo Pacifici"