Municipio I
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10 gennaio 2012

testo

Amadio Fatucci
da: Bollettino Ebraico d'informazioni, n. 8-9-10, 18 settembre 1944;
a cura dell'Organizzazione Sionistica di Roma, p. 22

Pubblicazione quindicinale sotto la direzione di Carlo Alberto Viterbo, il Bollettino Ebraico d’informazioni uscì dal 13 luglio al 23 novembre 1944, a cura del Gruppo Sionistico di Roma. Fu l’unico organo di stampa ebraica dalla Liberazione di Roma fino alla ripresa della pubblicazione del mensile Israel, nel dicembre 1944. Ne uscirono 19 numeri, spesso raggruppati in numeri doppi e tripli, distribuiti gratuitamente. Gli articoli erano quasi tutti non firmati, le tre iniziali c. a. v. che compaiono alla fine di questo articolo sono con certezza quelle di Carlo Alberto Viterbo, segno dell’omaggio commosso che egli volle tributare alla figura straordinaria di Amadio Fatucci.

Tra le vittime del tragico 24 marzo si trova anche Amadio Fatucci. La sua salma è stata identificata dai famigliari senza possibilità di equivoco. Scompare così, soppressa dalla bieca ferocia nazi-fascista, una delle più popolari, delle più care figure del Ghetto romano.

Era un'anima profondamente, santamente buona, religiosa e retta. Se le persone come lui fossero un po' meno rare, saremmo tutti migliori di quello che siamo, perché dagli zaddikim1 promana un'influenza benefica. Ed egli era uno zaddik . Le opere di bene, alle quali [si] dedicava completamente e disinteressatamente non possono essere annoverate, perché amava nasconderle. Ma tutti lo vedevano intento ad esse, fino al punto di credere che potesse permettersi di non attendere ai suoi affari, che certamente di continuo posponeva a quelli del pubblico bene.

Era nato nel 1877 ed aveva quindi sessantasette anni. Ogni mizvà2lo trovava tuttavia pronto e volenteroso, con ardore giovanile che gli proveniva da una grande fiamma interiore. Si sentiva un soldato della Torà e non si ricusava mai ai suoi comandamenti.

Il Tempio era la sua vera casa ed i servizi rituali ebbero in lui un chazzhàn3 ed uno zelatore volontario ed ardente, rifuggente da ogni compenso, anche per prestazioni gravose. La pubblica beneficenza ebbe in lui un occhio vigile per scoprire i veri bisognosi ed una mano discreta e benevola per raccogliere e recare i soccorsi, assai spesso tratti in segreto dal suo privato borsellino. Tutti gli Enti di assistenza, tutte le buone iniziative lo ebbero tra i collaboratori migliori.

Era molto desideroso di istruirsi e per tale scopo viaggiò a lungo per l'Europa; essendo fervido assertore dei valori nazionali ebraici, si recò nel 1909   in Erez Israel, ritornandone con una cassetta di terra sulla quale diceva di voler essere sepolto. Alle opere di ricostruzione palestinese dette contributi ed attività ed in particolare al Keren Kayemet 4 e alla vendita dello Shekel.

La tragica mattina del 16 ottobre, mentre alcuni suoi famigliari venivano catturati, egli potè salvarsi e dovette la salvazione all'essersi levato presto per recarsi a tefillà.5 Era Mannig al Tempio Spagnuolo. Venne invece catturato più tardi, al seguito di turpi delazioni, il 22 marzo, mentre attendeva alle sue consuete opere di misericordia. Gli veniva mossa accusa, non solo di essere Ebreo, ma di essere attivo nel soccorrere i profughi e i comunisti.

Due giorni dopo cadde sotto il piombo delle SS. Aveva sul petto il suo arbà kanfòth,6 in tasca un libro di Torà, nel portamonete una moneta palestinese regalatagli dal Rabb. Prato e che portava sempre seco. Per tali segni è stato identificato.

Caro e buon Amadio: come potremo, secondo i tuoi meriti, onorarti e ricordarti?

Il tuo ricordo ci sarà di benedizione! Zhikròn ha-zaddik li brachà! 7

c. a. v.

a cura di Sandra Terracina



1. Zaddik, dall'ebraico (plur . zaddikim ), giusto
2. Mizvà , lett. dall'ebraico precetto , termine usato per estensione per definire un'opera di bene
3. Chazzhàn, dall'ebraico, cantore , chi conduce le preghiere in sinagoga
4. Fondo Nazionale Ebraico, fondato nel 1901 per lo sviluppo e la coltivazione di terreni in Palestina.
5. Tefillà, dall'ebraico, preghiera
6. 'arbà kanfòth o talled katàn , un piccolo tallèd portato sotto il vestito normale
7. lett. dall'ebraico : Il ricordo del giusto sia di benedizione