testo
Amadio
Fatucci
da: Bollettino
Ebraico d'informazioni,
n. 8-9-10, 18 settembre 1944;
a
cura dell'Organizzazione Sionistica di Roma, p. 22
Pubblicazione
quindicinale sotto la direzione di Carlo
Alberto Viterbo,
il Bollettino Ebraico d’informazioni uscì dal 13 luglio al
23 novembre 1944, a cura del Gruppo Sionistico di Roma. Fu
l’unico organo di stampa ebraica dalla Liberazione
di Roma fino alla ripresa della pubblicazione del mensile
Israel, nel dicembre 1944. Ne uscirono 19 numeri, spesso
raggruppati in numeri doppi e tripli, distribuiti gratuitamente.
Gli articoli erano quasi tutti non firmati, le tre iniziali
c. a. v. che compaiono alla fine di questo articolo sono
con certezza quelle di Carlo Alberto Viterbo, segno dell’omaggio
commosso che egli volle tributare alla figura straordinaria
di Amadio Fatucci.
Tra le vittime del tragico 24 marzo si
trova anche Amadio Fatucci. La sua salma è stata identificata
dai famigliari senza possibilità di equivoco. Scompare
così, soppressa dalla bieca ferocia nazi-fascista,
una delle più popolari, delle più care figure
del Ghetto romano.
Era
un'anima profondamente, santamente buona, religiosa e retta.
Se le persone come lui fossero un po' meno rare, saremmo
tutti migliori di quello che siamo, perché dagli zaddikim1 promana
un'influenza benefica. Ed egli era uno zaddik .
Le opere di bene, alle quali [si] dedicava completamente
e disinteressatamente non possono essere annoverate, perché amava
nasconderle. Ma tutti lo vedevano intento ad esse, fino al
punto di credere che potesse permettersi di non attendere
ai suoi affari, che certamente di continuo posponeva a quelli
del pubblico bene.
Era nato
nel 1877 ed aveva quindi sessantasette anni. Ogni mizvà2lo
trovava tuttavia pronto e volenteroso, con ardore giovanile
che gli proveniva da una grande fiamma interiore. Si sentiva
un soldato della Torà e non si ricusava mai ai suoi
comandamenti.
Il Tempio
era la sua vera casa ed i servizi rituali ebbero in lui un chazzhàn3 ed
uno zelatore volontario ed ardente, rifuggente da ogni compenso,
anche per prestazioni gravose. La pubblica beneficenza ebbe
in lui un occhio vigile per scoprire i veri bisognosi ed
una mano discreta e benevola per raccogliere e recare i soccorsi,
assai spesso tratti in segreto dal suo privato borsellino.
Tutti gli Enti di assistenza, tutte le buone iniziative lo
ebbero tra i collaboratori migliori.
Era molto
desideroso di istruirsi e per tale scopo viaggiò a
lungo per l'Europa; essendo fervido assertore dei valori
nazionali ebraici, si recò nel 1909 in Erez
Israel, ritornandone con una cassetta di terra sulla quale
diceva di voler essere sepolto. Alle opere di ricostruzione
palestinese dette contributi ed attività ed in particolare
al Keren Kayemet 4 e
alla vendita dello Shekel.
La
tragica mattina del 16 ottobre, mentre alcuni suoi famigliari
venivano catturati, egli potè salvarsi e dovette
la salvazione all'essersi levato presto per recarsi a tefillà.5 Era Mannig al
Tempio Spagnuolo. Venne invece catturato più tardi,
al seguito di turpi delazioni, il 22 marzo, mentre attendeva
alle sue consuete opere di misericordia. Gli veniva mossa
accusa, non solo di essere Ebreo, ma di essere attivo nel
soccorrere i profughi e i comunisti.
Due giorni
dopo cadde sotto il piombo delle SS. Aveva sul petto il suo arbà kanfòth,6 in
tasca un libro di Torà, nel portamonete una moneta palestinese
regalatagli dal Rabb. Prato e che portava sempre seco. Per
tali segni è stato identificato.
Caro e buon Amadio:
come potremo, secondo i tuoi meriti, onorarti e ricordarti?
Il
tuo ricordo ci sarà di
benedizione! Zhikròn ha-zaddik li brachà! 7
c.
a. v.
a cura
di Sandra Terracina
1. Zaddik, dall'ebraico
(plur . zaddikim ), giusto
2. Mizvà ,
lett. dall'ebraico precetto ,
termine usato per estensione per definire un'opera di bene
3. Chazzhàn, dall'ebraico, cantore ,
chi conduce le preghiere in sinagoga
4. Fondo
Nazionale Ebraico, fondato nel 1901 per lo sviluppo e la
coltivazione di terreni in Palestina.
5.
Tefillà, dall'ebraico, preghiera
6. 'arbà kanfòth o talled
katàn , un piccolo tallèd portato
sotto il vestito normale
7. lett.
dall'ebraico :
Il ricordo del giusto sia di benedizione
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