Municipio I
Via in Publicolis, 2 - Roma
10 gennaio 2012

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Angelo Anticoli, l'orefice che pesò i 50 chili d'oro

La pietra d'inciampo che ricorda Angelo Anticoli è stata posta all'angolo tra Via in Publicolis ed il vicolo omonimo, dove Angelo aveva la sua bottega con laboratorio di oreficeria e dove abitava al civico 46, come risulta dalla "Denuncia di appartenenza alla razza ebraica" del 1938, insieme alla moglie, Rosa Limentani, e ai tre figli, Celeste, all'epoca di 8 anni, Graziano di 6 e Silvia di 2. Benché i tempi fossero difficili, Angelo, che aveva fin da giovane acquisito arte ed esperienza nella lavorazione dei gioielli, era divenuto un orafo noto non solo nell'ambiente ebraico. Rosa si dedicava ai figli, nel 1941 era nata anche Milena, ma come racconta oggi Silvia, appena poteva lo aiutava nel lavoro e abilissima anche con la macchina da cucire contribuiva al mantenimento della famiglia eseguendo in casa piccoli lavori   di sartoria.

Il 26 settembre 1943, nelle ore di concitazione e di preoccupazione che seguirono alla richiesta da parte di Kappler alla Comunità ebraica di Roma di raccogliere e consegnare entro 36 ore 50 kg. d'oro sotto la minaccia, in caso di rifiuto, della deportazione di 200 ebrei, i dirigenti della Comunità si rivolsero immediatamente a Angelo Anticoli, incaricandolo di coordinare il lavoro di saggiatura e di pesatura degli oggetti d'oro, anelli, catenine, ciondoli che venivano faticosamente via via raccolti. Olga Di Veroli, una delle giovani volontarie che rilasciava le ricevute, ha raccontato nella sua testimonianza che "l'orefice", come era soprannominato Angelo, in molti casi non lasciò intatti gioielli di grande valore per non metterli integri in mano ai tedeschi, come pure furono molti i gesti solidali e le offerte in oro e in denaro da parte di non ebrei. Nei ricordi famigliari è rimasta l'angoscia di Angelo, al suo ritorno stremato a casa la sera, dopo la giornata trascorsa nella sala del Consiglio, al secondo piano del Tempio, per l'incertezza dell'esito della raccolta, quando la meta da raggiungere sembrava ancora lontana. Com'è noto il quantitativo fu raggiunto poco prima del termine e Angelo Anticoli   fece parte della piccola delegazione che insieme ai presidenti della Comunità, Ugo Foà e dell'Unione, Dante Almansi e al commissario Cappa dell'Ufficio Razza si recò a Via Tasso a consegnare l'oro. Fu Angelo a compiere davanti al capitano Schutz, incaricato in sua vece da Kappler, le dieci pesate esatte da 5 kg. l'una, con una voluta eccedenza di 300 gr., ma benché le operazioni fossero state registrate e controllate sia da Almansi che da un ufficiale tedesco, Schutz insistette che erano state solo nove, aggiungendo all'estorsione la frode. Dopo lunga discussione fu infine consentito ad Angelo Anticoli di ripetere le pesate, che risultarono inequivocabilmente precise: l'inganno della consegna dell'oro, di cui Schutz   rifiutò di dare ricevuta, si era così concluso.

Della mattina del 16 ottobre1943 Silvia Anticoli ricorda come in un incubo solo il rumore sul selciato dei passi dei nazisti che procedevano al rastrellamento degli ebrei casa per casa e mamma Rosa che stava lessando delle castagne da dare ai bambini: quando bussarono al portone di Via in Publicolis non aprirono e non fecero alcun rumore; per fortuna, e forse perchè nell'edificio, posto in un vicolo un po' defilato rispetto al "ghetto storico", abitavano famiglie di non ebrei, i soldati tedeschi passarono oltre. Angelo Anticoli decise di trovare subito rifugio altrove e dopo varie soluzioni precarie la famiglia si divise: Rosa con le tre figlie si nascose nel Convento delle Suore di Santa Francesca Romana vicino al Campidoglio, mentre Angelo con Graziano fu accolto da una comunità di frati a Via dei Serpenti. Il 19 aprile 1944 Angelo si stava recando con Graziano a trovare Rosa e le bambine di cui desiderava avere notizie, quando fu fermato, con ogni probabilità in base a delazione, da membri di una delle varie bande che collaboravano per denaro con fascisti e nazisti alla cattura degli ebrei e tradotto al carcere di Regina Coeli.   A Graziano, che aveva allora solo 12 anni, fecero segno di allontanarsi in fretta e fu lasciato fuggire. Durante la permanenza in carcere Angelo scrisse quasi ogni giorno a Rosa, in tutto una trentina di lettere che furono recapitate a mano, scritte a matita con calligrafia chiara e ferma su carta rimediata fortunosamente, che Silvia conserva gelosamente: in esse trapelano i disagi durante la prigionia, ma Angelo sembra pensare costantemente solo alla famiglia, di cui chiede continuamente notizie. Poco più di un mese dopo l'arresto Angelo Anticoli venne trasferito a Fossoli, insieme a oltre 300 ebrei romani e secondo una testimonianza ricevuta dai famigliari, durante la permanenza al campo, trovò ancora modo di rendersi utile facendo forchette e cucchiai per chi ne aveva bisogno. Fu deportato ad Auschwitz con il convoglio del 26 giugno, uno degli ultimi, e morì il 24 settembre 1944. Aveva compiuto da poco 38 anni.

Dopo la guerra Rosa Anticoli con i figli, in mezzo a mille difficoltà, ma con il desiderio di ritornare alla vita, riaprì la bottega di Angelo e ne proseguì l'attività fino agli anni '70. In particolare Graziano raccolse l'eredità artigiana del padre aprendo alla metà degli anni '60 un suo negozio di oreficeria al Pantheon.

Oggi, dice Silvia con orgoglio, ci sono in tutto 16 tra nipoti e pronipoti cui mostrare la pietra d'inciampo e tramandare questa storia...

(Bice Migliau)

NOTA

Tra la documentazione, le ricostruzioni storiche e le numerose testimonianze che trattano della raccolta dell'oro, il ruolo di Angelo Anticoli è espressamente citato in: Relazione del presidente della Comunità Israelitica di Roma Foà Ugo circa le misure razziali adottate in Roma dopo l'8 settembre a diretta opera delle Autorità Tedesche di occupazione, Roma 1950, Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, Archivio contemporaneo, busta 44, fascicolo 6, pubblicata in Ottobre1943. Cronaca di una infamia, a cura della Comunità Israelitica di Roma, Roma 1961, p. 15 e nel Diario di Rosina Sorani impiegata della Comunità di Roma nel periodo dell'occupazione tedesca , ibidem, pp. 35-36; F. Coen, 16 ottobre1943. La grande razzia degli ebrei di Roma , Giuntina, Firenze 1993, p. 33; F. Tagliacozzo, Gli ebrei romani raccontano la «propria» Shoah. Testimonianze e memorie raccolte e organizzate a cura di Raffaella Di Castro , Giuntina, Firenze 2010, p. 119; nella testimonianza di Olga Di Veroli contenuta nel documentario a cura dell'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e del Centro di Cultura Ebraica della Comunità Ebraica di Roma Memoria presente: ebrei e città di Roma durante l'occupazione nazista , regia di Ansano Giannarelli, Roma 1984; nell'intervista a Alberto Piazza Sed, Roma 1998, raccolta dalla USC Shoah Foundation Institute for Visual History, conservata e consultabile presso l'Archivio Centrale dello Stato (Shoah 41755).