Marcello Mendes, Maurizio Mendes,
Umberto Mendes
Municipio I
Viale delle Milizie, 140 - Roma
11 gennaio 2016

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Marcello, Maurizio e Umberto Mendes
Serena Mendes non ha conosciuto i familiari ai quali ha voluto dedicare le pietre d’inciampo. Non conosce la storia di Maurizio, Marcello e Umberto Mendes, ma ci ha mandato un breve testo redatto per spiegare ai suoi studenti l’orrore della Shoah attraverso l’esperienza della sua famiglia.

Non mi sono mai voluta mettere in prima linea, ma quest’anno desidero raccontarvi delle cose che ritengo interessanti per la vostra conoscenza di fatti storici recenti, e che riguardano un particolare aspetto della seconda guerra mondiale: la questione ebraica, vista non attraverso i libri, ma attraverso la storia di persone vere.
Pensate a uno zio a cui siete molto legati. Il fratello del papà o della mamma con cui vi intendete bene perché è giovane, poco più grande di voi. Ecco, io quello zio non l’ho mai avuto. Non l’ho mai conosciuto. A soli 20 anni è stato strappato dalla sua casa di Roma, all’alba del 16 ottobre del 1943, e non è più tornato. Non si è mai saputo dove, quando e perché è morto. Anzi, solo il perché si è saputo: perché era ebreo. Cioè? Chi è un ebreo? È una persona come un’altra, solo che professa una religione diversa. Uno è cattolico, uno è protestante, uno è musulmano, uno è ebreo.
Dipende da dove si è nati, dalla storia della propria famiglia.
Da quel 16 ottobre io non ho più avuto zii, nonni, parenti.
Un passo indietro nel tempo: cinque anni prima del 1943, esattamente nel 1938 erano state promulgate le leggi razziali. Che cosa sono in pratica? Sono leggi che hanno decretato l’espulsione di ogni ebreo da ogni attività pubblica. Un esempio concreto: mio padre voleva diventare ufficiale, voleva servire la sua patria. Aveva frequentato l’accademia a Modena, e poi aveva intrapreso la carriera militare. Ma nel 1938, proprio a causa delle leggi razziali, fu cacciato dall’esercito e dovette rinunciare per sempre al suo sogno di ufficiale.
Altro esempio concreto: mia madre aveva frequentato lo Zanon e si era diplomata in ragioneria con ottimi voti. Era stata subito assunta a lavorare negli uffici della Previdenza Sociale. Ma la sua carriera, appena iniziata, si concluse bruscamente nel ’38, sempre a causa delle leggi razziali.
Questo succedeva nel mondo degli adulti. E i bambini? Quelli non hanno più potuto frequentare la scuola pubblica. Che fortuna! Direte voi. Ma quando l’allontanamento dura per interi anni, il problema diventa serio. Non più a scuola, non più all’aperto a giocare con i loro amici, ma sempre rinchiusi nelle loro case, e spesso nascosti per non essere scoperti o deportati in Germania o in Polonia, a morire nei campi di sterminio. Perché questo è stato il destino di sei milioni di ebrei.

Serena Mendes