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Angelo Citoni
Deportato il 16 ottobre
1943, da via Catalana n. 5, all’età di 70 anni.
Padre di 5 figli (2 maschi e 3 femmine), era rimasto vedovo
da molto tempo (la moglie morta a soli 40 anni).
Era in pensione e aveva lavorato come antiquario nel suo negozio di via Monte
Brianzo.
Il 16 ottobre non aveva voluto lasciare la sua casa perché riteneva
che, ormai vecchio e sofferente, sarebbe stato risparmiato dai tedeschi; era
convinto che la deportazione fosse finalizzata solo al lavoro coatto.
Quella mattina con lui c’era uno dei figli che, fortunatamente, era riuscito
ad allontanarsi dal portone senza farsi prendere, i suoi bambini si erano salvati
nascondendosi sotto il letto della portiera del palazzo. Questa donna molto
coraggiosa aveva tentato di salvare anche Angelo Citoni sostenendo che l’appartamento
era vuoto. Invece quando i tedeschi hanno suonato alla porta e il Citoni ha
aperto non c’è stata più possibilità di salvezza,
mentre lei è stata minacciata ed ha rischiato la vita.
L’altro figlio aveva cercato di mettere in guardia tutta la famiglia
sui rischi che correva la comunità romana dopo l’occupazione nazista,
ma non era stato molto ascoltato: i più ritenevano che non ci fosse
un reale pericolo. In ogni caso lui, che con la famiglia non abitava più a
via Catalana, aveva trovato ospitalità presso l’ospedale Fatebenefratelli
dell’isola Tiberina. Qui il frate Priore aveva organizzato, nella corsia
del pianoterra, un luogo per proteggere ebrei e perseguitati. Un reparto dove
nessuno poteva entrare perché - si diceva - era destinato ai malati
contagiosi.
Le altre tre figlie di Angelo Citoni si sono salvate dalla deportazione trovando
un rifugio sicuro fuori Roma.
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