I miei nonni: Debora Perugia e Angelo Di Castro
Non possiedo ricordi personali e diretti dei miei nonni paterni,
assassinati ad Auschwitz. Io non li ho conosciuti e mio Padre,
Vito, non amava parlarne, perché farlo avrebbe riaperto
una ferita che, forse, non è mai stata sanata. Quindi,
scriverò una serie di "inciampi" che mi sono
giunti… in qualche modo.
Parto dalla fine: i miei nonni sono stati deportati il 16 Ottobre
del 1943 e trucidati dopo sette giorni, a circa due ore dall'arrivo
nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, dopo un viaggio
allucinante in un vagone piombato partito il 18 Ottobre dallo
scalo Tiburtino di Roma.
I miei nonni, Angelo Di Castro e Debora Perugia, si erano sposati
il 26 Dicembre del 1897.
Dopo poche settimane nasceva il primogenito, l'amatissimo Marco;
la sposina amava dire che nonostante la gravidanza avanzata,
nulla fosse visibile al di sotto dell'abito nuziale, anche
se i più maliziosi la deridevano affermando che "poco
mancava che partorisse sotto la Sukkà" con il Rabbino
a far da levatrice!
Dopo Marco vennero altri otto figli: Laura, Cesare, Eugenio,
Tina, Elvira, Settimio, Marcella e da ultimo, nel 1918, mio
Padre. Una bella e numerosa famiglia che, probabilmente, se
pensiamo all'aspetto pratico, economico e quotidiano, per i
miei nonni deve aver rappresentato una vera e propria sfida!
Il nonno lavorava a Milano, dal lunedì al venerdì,
presso il «Corriere della Sera» come responsabile
della pagina pubblicitaria. Percepiva un buono stipendio, ma
tanta era la nostalgia per la famiglia e per l'amatissima Debora,
che svolgeva a Roma la sua attività di commerciante.
Mia nonna, infatti, gestiva un negozio in Piazza del Biscione,
aiutata dal piccolo Vito, che frequentava il Semiconvitto Nazionale:
istituto noto per la severità dei professori non disgiunta
da un’ enorme capacità educativa.
Purtroppo i lutti cominciarono ben presto, troppo presto, a
funestare la bella famiglia; Marcella se ne andò a poche
settimane dalla nascita e nel 1918, nella pandemia di influenza
spagnola che falcidiò milioni di giovani e di anziani
in tutta Europa, morì Marco, il primogenito. Per Debora
e per Angelo, il colpo fu comprensibilmente durissimo: così,
mio padre mi ha raccontato che da allora trascorse con la madre
interi pomeriggi al cimitero del Verano, divenuto per lui un
giardino per giocare.
Non so se corrisponda a verità, ma so che da allora
nella famiglia di Debora e di Angelo non si sono più cucinati
gli spaghetti, che probabilmente rappresentavano il simbolo
del ben mangiare e dello stare insieme in convivialità;
insomma, la gioia fu bandita da casa Di Castro, e la severità di
Debora divenne proverbiale, basti dire che un giorno -erano
già trascorsi due o tre anni dalla morte di Marco- vide
il marito farsi una sana risata per futili motivi e lo rimbrottò dicendogli
risentita: "E’ forse tornato nostro figlio Marco?".
Dal 1920 al 1938 la famiglia conobbe un periodo di relativa
calma e di benessere: il negozio al Biscione andava abbastanza
bene, anche se spesso era necessario attendere la fine del
mese per usare lo stipendio di Angelo per pagare magari qualche
tratta e altri debitucci.
Nonno Angelo era un personaggio carismatico: un uomo severo,
ma di grandissima bontà. Tutti i cugini più grandi
ricordano il suo famigerato e puzzolentissimo sigaro che accendeva
ritualmente e il suo stupendo orologio da tasca, di cui andava
fierissimo, che mi è stato donato da zio Cesare il giorno
del Bar Mizvà nel Novembre del 1967. Un altro ricordo,
comunicatomi anch'esso dai cugini più grandi, è che
solo alcuni tra i nipoti maschi avevano accesso al quarto di
vino di nonno Angelo, ma non conosco i criteri di ammissione!
Durante quegli anni, si sposarono le figlie e zio Settimio
e nacquero tanti nipoti; solamente mio zio Eugenio e mio Padre,
il piccolo di casa, rimasero a vivere con i genitori.
Il 9 Giugno del 1938, il giorno dell'incontro a Roma tra il
Duce e il Führer, Eugenio morì per setticemia fulminante.
Da questo evento funesto, i poveri Angelo e Debora non si ripresero
più. Ho visto una foto dei nonni nel 1941 che li ritrae
in via Arenula: due spettri annientati dal dolore.
Il 16 Ottobre del 1943, furono carpiti due genitori molto avanti
negli anni: Angelo era nato nel 1877 e Debora nel 1876. Avevano
sessantasei e sessantasette anni. Allora erano molti e sembrava
impossibile che la furia nazista potesse accanirsi anche contro
di loro... Infatti, Angelo, che era un uomo colto ed esperto
delle cose del mondo, aveva tranquillizzato la moglie decidendo
di non fuggire e di non nascondersi, come invece avevano fatto
tutti i giovani della famiglia.
Non aveva considerato la ferocia della “soluzione finale”…
A tutto ciò pensavo quando pochi mesi or sono ci siamo
incontrati per partecipare al doveroso omaggio in via Arenula
16. Le pietre di inciampo a me non servono, la mia testa è ancora
bassa e cerca un motivo per giustificare tanto male…
L'orologio da tasca di mio nonno segna la mezzanotte inoltrata… sono
stanco e triste... vado a letto.
(Angelo Di Castro, figlio
di Vito, figlio di Angelo, figlio di Mosé). |
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