Municipio I
Via Arenula, 16 - Roma
12 gennaio 2011


I miei nonni: Debora Perugia e Angelo Di Castro

Non possiedo ricordi personali e diretti dei miei nonni paterni, assassinati ad Auschwitz. Io non li ho conosciuti e mio Padre, Vito, non amava parlarne, perché farlo avrebbe riaperto una ferita che, forse, non è mai stata sanata. Quindi, scriverò una serie di "inciampi" che mi sono giunti… in qualche modo.
Parto dalla fine: i miei nonni sono stati deportati il 16 Ottobre del 1943 e trucidati dopo sette giorni, a circa due ore dall'arrivo nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, dopo un viaggio allucinante in un vagone piombato partito il 18 Ottobre dallo scalo Tiburtino di Roma.
I miei nonni, Angelo Di Castro e Debora Perugia, si erano sposati il 26 Dicembre del 1897.
Dopo poche settimane nasceva il primogenito, l'amatissimo Marco; la sposina amava dire che nonostante la gravidanza avanzata, nulla fosse visibile al di sotto dell'abito nuziale, anche se i più maliziosi la deridevano affermando che "poco mancava che partorisse sotto la Sukkà" con il Rabbino a far da levatrice!
Dopo Marco vennero altri otto figli: Laura, Cesare, Eugenio, Tina, Elvira, Settimio, Marcella e da ultimo, nel 1918, mio Padre. Una bella e numerosa famiglia che, probabilmente, se pensiamo all'aspetto pratico, economico e quotidiano, per i miei nonni deve aver rappresentato una vera e propria sfida!
Il nonno lavorava a Milano, dal lunedì al venerdì, presso il «Corriere della Sera» come responsabile della pagina pubblicitaria. Percepiva un buono stipendio, ma tanta era la nostalgia per la famiglia e per l'amatissima Debora, che svolgeva a Roma la sua attività di commerciante. Mia nonna, infatti, gestiva un negozio in Piazza del Biscione, aiutata dal piccolo Vito, che frequentava il Semiconvitto Nazionale: istituto noto per la severità dei professori non disgiunta da un’ enorme capacità educativa.
Purtroppo i lutti cominciarono ben presto, troppo presto, a funestare la bella famiglia; Marcella se ne andò a poche settimane dalla nascita e nel 1918, nella pandemia di influenza spagnola che falcidiò milioni di giovani e di anziani in tutta Europa, morì Marco, il primogenito. Per Debora e per Angelo, il colpo fu comprensibilmente durissimo: così, mio padre mi ha raccontato che da allora trascorse con la madre interi pomeriggi al cimitero del Verano, divenuto per lui un giardino per giocare.
Non so se corrisponda a verità, ma so che da allora nella famiglia di Debora e di Angelo non si sono più cucinati gli spaghetti, che probabilmente rappresentavano il simbolo del ben mangiare e dello stare insieme in convivialità; insomma, la gioia fu bandita da casa Di Castro, e la severità di Debora divenne proverbiale, basti dire che un giorno -erano già trascorsi due o tre anni dalla morte di Marco- vide il marito farsi una sana risata per futili motivi e lo rimbrottò dicendogli risentita: "E’ forse tornato nostro figlio Marco?".
Dal 1920 al 1938 la famiglia conobbe un periodo di relativa calma e di benessere: il negozio al Biscione andava abbastanza bene, anche se spesso era necessario attendere la fine del mese per usare lo stipendio di Angelo per pagare magari qualche tratta e altri debitucci.
Nonno Angelo era un personaggio carismatico: un uomo severo, ma di grandissima bontà. Tutti i cugini più grandi ricordano il suo famigerato e puzzolentissimo sigaro che accendeva ritualmente e il suo stupendo orologio da tasca, di cui andava fierissimo, che mi è stato donato da zio Cesare il giorno del Bar Mizvà nel Novembre del 1967. Un altro ricordo, comunicatomi anch'esso dai cugini più grandi, è che solo alcuni tra i nipoti maschi avevano accesso al quarto di vino di nonno Angelo, ma non conosco i criteri di ammissione! Durante quegli anni, si sposarono le figlie e zio Settimio e nacquero tanti nipoti; solamente mio zio Eugenio e mio Padre, il piccolo di casa, rimasero a vivere con i genitori.
Il 9 Giugno del 1938, il giorno dell'incontro a Roma tra il Duce e il Führer, Eugenio morì per setticemia fulminante. Da questo evento funesto, i poveri Angelo e Debora non si ripresero più. Ho visto una foto dei nonni nel 1941 che li ritrae in via Arenula: due spettri annientati dal dolore.
Il 16 Ottobre del 1943, furono carpiti due genitori molto avanti negli anni: Angelo era nato nel 1877 e Debora nel 1876. Avevano sessantasei e sessantasette anni. Allora erano molti e sembrava impossibile che la furia nazista potesse accanirsi anche contro di loro... Infatti, Angelo, che era un uomo colto ed esperto delle cose del mondo, aveva tranquillizzato la moglie decidendo di non fuggire e di non nascondersi, come invece avevano fatto tutti i giovani della famiglia.
Non aveva considerato la ferocia della “soluzione finale”…

A tutto ciò pensavo quando pochi mesi or sono ci siamo incontrati per partecipare al doveroso omaggio in via Arenula 16. Le pietre di inciampo a me non servono, la mia testa è ancora bassa e cerca un motivo per giustificare tanto male…
L'orologio da tasca di mio nonno segna la mezzanotte inoltrata… sono stanco e triste... vado a letto.

(Angelo Di Castro, figlio di Vito, figlio di Angelo, figlio di Mosé).